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Piccole e medie imprese Industry 5.0: verso un’industria sostenibile, umana e resiliente

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Industry 5.0: Towards a sustainable, human-centric and resilient European industry
Industry 5.0: Towards a sustainable, human-centric and resilient European industry

La Commissione Europea ha recentemente ridefinito le coordinate dell’innovazione industriale, proponendo un paradigma evolutivo chiamato Industry 5.0. Questo modello supera la logica dell’efficienza a ogni costo, tipica dell’Industria 4.0, per porre al centro l’essere umano, la sostenibilità ambientale e la resilienza dei sistemi produttivi.

Cos'è l'Industria 5.0?

L'Industry 5.0 è una visione che non sostituisce, ma completa l’Industria 4.0. Se quest’ultima si concentra sull’automazione, l’Internet of Things e l’analisi dei dati, la nuova prospettiva integra tre valori chiave:

  1. Centrale è l’essere umano
    Le tecnologie non devono più guidare le decisioni, ma potenziare la creatività, la competenza e il benessere delle persone. L’obiettivo è creare ambienti di lavoro più significativi, inclusivi e sicuri.

  2. Sostenibilità integrata
    L’industria deve diventare un motore attivo della transizione ecologica, riducendo impatti ambientali, ottimizzando le risorse e contribuendo alla neutralità climatica. Non si tratta solo di “fare meno danni”, ma di generare valore positivo per l’ecosistema.

  3. Resilienza sistemica
    Le crisi globali, come la pandemia e le tensioni geopolitiche, hanno mostrato la fragilità delle catene del valore. L’Industria 5.0 propone modelli flessibili e adattabili, capaci di rispondere rapidamente ai cambiamenti senza perdere coerenza.

Un cambiamento di paradigma

Quando parlo di Industria 5.0 con i miei interlocutori, spesso percepisco un equivoco di fondo: si pensa che sia solo un’estensione della 4.0, con qualche aggiunta “green” e un po’ di storytelling umanista. Ma non è così. Qui non si tratta di una semplice evoluzione tecnologica, ma di un vero e proprio cambio di sguardo.

Parliamo di un paradigma che rimette in discussione le fondamenta stesse del nostro modo di innovare: non basta più fare le cose in modo più veloce o automatizzato, dobbiamo chiederci perché le facciamo, per chi e con quale impatto.
Non possiamo più lasciare che siano solo gli algoritmi a guidare le scelte: l’etica, la consapevolezza, la responsabilità sociale devono tornare ad avere voce.
In questo nuovo contesto, l’innovazione non è neutra: è una scelta culturale. E chi progetta tecnologie deve assumersi la responsabilità delle conseguenze che queste tecnologie generano.

Non possiamo permetterci di separare il progresso tecnico dalla qualità della vita, dall’ambiente, dal lavoro umano. Questo significa integrare visione e sensibilità, dati e senso critico. Non si tratta più di chiedersi “possiamo farlo?”, ma “ha senso farlo?”.

Cosa cambia per le aziende?

Per chi lavora come me nel mondo della trasformazione industriale, questo nuovo approccio implica una serie di sfide che non sono solo tecniche, ma profondamente culturali. Significa ripensare il modo in cui costruiamo valore, il rapporto che abbiamo con i nostri collaboratori, la relazione che esiste tra tecnologia e intelligenza umana.

Non possiamo più trattare i lavoratori come variabili dipendenti di un processo: oggi, più che mai, le persone devono essere coinvolte nella progettazione stessa dell’innovazione. Non basta installare un nuovo gestionale o automatizzare una linea produttiva. Occorre ascoltare chi quelle macchine le vive ogni giorno, e integrare la loro esperienza nella visione strategica.

Allo stesso tempo, non possiamo continuare a vedere la sostenibilità come un vincolo o una moda imposta dall’esterno. Deve diventare parte integrante delle nostre decisioni operative. Ogni processo, ogni tecnologia, ogni progetto deve tenere conto dell’impatto ambientale e sociale che genera, non solo del ROI.

Infine, dobbiamo imparare a usare gli strumenti digitali in modo maturo. L’IA, l’automazione, i dati non sono nemici dell’uomo, ma alleati — se li sappiamo mettere al posto giusto. L’obiettivo non è sostituire, ma affiancare. Non è togliere valore al lavoro umano, ma liberarne le parti migliori: creatività, intuito, capacità relazionale.

Insomma, il cambiamento non è solo nei tool. È nella mentalità. E per quanto possa sembrare difficile, è proprio lì che si gioca il futuro delle nostre imprese.

📎 Fonte originale del documento:
Commissione Europea – Industry 5.0 Report (PDF)

 

 

Hashtag: #CommissioneEuropea #Industria5 #Sostenibilità #InnovazioneCulturale #CambiamentoMentalità

Carlo RECALCATI

Foto di Carlo RecalcatiClasse 1968, studia Fisica a Milano e Antropologia culturale a Bordeaux (Francia).
Oltre alla sua attività professionale, ha instaurato collaborazioni con associazioni, case editrici e riviste, contribuendo con la sua esperienza e il suo know-how in diversi ambiti.
Da sempre appassionato di viaggi, tecnologia, storia e filosofia ha fondato e diretto diverse associazioni di settore e scritto numerosi articoli spaziando dalla ricerca archeologica all'intelligenza artificiale.
Nel 1985 è stato il più giovane membro del Mensa Italia con un QI di 154 sulla Scala di Cattel, pari a 134 Wechsler (WAIS-IV).

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