Oggi, 25 aprile, l’Italia celebra la Festa della Liberazione. Una data simbolica, che richiama alla mente il valore della libertà conquistata con fatica, coraggio e sacrificio.
Ma, guardandomi intorno nel mio quotidiano di consulente al fianco delle PMI, non posso fare a meno di pormi una domanda scomoda: da cosa dovremmo davvero liberarci oggi?
Nel mio piccolo spazio operativo, vedo ogni giorno imprenditori e professionisti che vivono prigionieri. Non più – fortunatamente – di regimi autoritari, ma di qualcosa di meno visibile e più subdolo: ideologie, convenzioni e soprattutto mentalità.
Negli ultimi anni ho avuto la fortuna (e a volte la fatica) di lavorare con tanti clienti e amici che dirigono PMI, spesso anche molto cari. È il mio settore, la mia vocazione. Ma se penso a quelli che davvero emergono, che non si limitano a barcamenarsi o a sopravvivere, che hanno una visione lungimirante e una strategia di lungo termine, mi rendo conto che sono pochi. Li conto sulle dita di una mano.
Paradossalmente, sono proprio quelli che avrebbero meno bisogno di consulenti come me, eppure sono quelli con cui ho collaborato di più e meglio. Perché? Questione di mentalità.
Oggi si parla molto di crisi geopolitiche, di instabilità economica, di continui cambiamenti normativi. Tutte sfide reali, che hanno un impatto concreto sulla vita di chi fa impresa. Ma la trappola più insidiosa che vedo è quella della rassegnazione, della cultura del “così fan tutti”, dell’attesa che sia qualcun altro a cambiare le cose.
Siamo davvero liberi, oggi, nel fare impresa? O siamo prigionieri di abitudini, paure, automatismi e scorciatoie?
Credo che oggi serva una nuova liberazione.
Non solo dalla burocrazia, dalla tassazione e dai vincoli esterni – che restano enormi – ma soprattutto da tutto ciò che ci tiene fermi dentro.
Dalla paura di innovare.
Dal mito dell’eroe solitario.
Dalla sudditanza culturale verso modelli vecchi di decenni.
Liberarsi, oggi, significa:
Smettere di inseguire bonus, crediti d’imposta, incentivi a pioggia, per tornare a investire su idee, persone e comunità;
Pretendere regole chiare e giuste, ma anche imparare a costruire reti e alleanze vere tra imprenditori;
Dire basta ai compromessi al ribasso e scegliere una gestione consapevole, digitale e personalizzata.
La vera svolta che ho visto accadere, in poche ma preziose esperienze, arriva solo quando si decide di abbandonare vecchi schemi e individualismi.
Quando si investe nella formazione, nella digitalizzazione vera (non di facciata), e soprattutto in una nuova cultura imprenditoriale che sa riconoscere il valore della collaborazione.
E voi? Di quale “liberazione” avrebbe bisogno il vostro lavoro, la vostra azienda, la vostra vita professionale?
Cosa serve davvero per costruire un nuovo patto tra chi fa impresa e chi dovrebbe aiutarla – liberarla, non ostacolarla?
Oggi più che mai serve coraggio, lucidità, e la voglia di discuterne insieme.