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Geopolitica Vertice Meloni-Erdogan: un rapporto asimmetrico ma mutuamente vantaggioso

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Vertice Italia - Turchia del 29 aprile 2025
Vertice Italia - Turchia del 29 aprile 2025

La geopolitica è una mia grande passione da molti anni, oggi vorrei condividere con voi una analisi del recente incontro tra il nostro Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan. Naturalmente sono solo mie deduzioni e opinioni personali.

Versione ufficiale

Il vertice intergovernativo Italia-Turchia del 29 aprile 2025 a Villa Doria Pamphilj (Roma) si è concluso con toni molto cordiali e un rafforzamento del partenariato bilaterale. In conferenza stampa, Meloni ha definito la Turchia una “nazione amica e alleata” nel contesto euro-mediterraneo e ha lodato la solidità dei rapporti italo-turchi. I due leader hanno annunciato dieci nuovi accordi e memorandum in vari settori (difesa, spazio, infrastrutture, cultura, sport, politiche giovanili, servizi sociali) e fissato l’obiettivo di 40 miliardi di dollari di interscambio commerciale (rispetto ai 32 miliardi del 2024)​. Tra gli accordi di punta vi è la joint venture tra l’italiana Leonardo e la turca Baykar per la coproduzione di droni militari (grazie anche all’acquisizione di Piaggio Aerospace da parte di Baykar)​. Questo progetto, definito “significativo” da Meloni, punta a unire i punti di forza industriali dei due Paesi e aprire nuovi mercati in Europa. Erdogan stesso ha sottolineato che “continueremo a rafforzare la cooperazione nell’industria della difesa con nuovi partenariati e progetti”​.

Dal vertice è emersa una forte convergenza su temi internazionali chiave. Meloni ed Erdogan hanno ribadito l’impegno comune nel sostenere l’integrità territoriale dell’Ucraina contro l’aggressione russa e nel cercare una soluzione diplomatica alla crisi di Gaza​. Hanno lanciato un appello congiunto per un cessate il fuoco immediato in Ucraina, pur rimanendo scettici verso le tregue unilaterali offerte da Mosca​. Sulla situazione in Medio Oriente, entrambi hanno definito “sempre più tragica” la crisi umanitaria a Gaza, invocando uno sforzo internazionale per un piano credibile di ricostruzione della Striscia​. Anche sulla Siria c’è unità d’intenti: i due governi promuovono una “transizione democratica” e la ricostruzione del Paese, preservandone l’unità territoriale​. Inoltre, Roma e Ankara hanno dichiarato visioni convergenti sulla stabilizzazione della Libia, impegnandosi a collaborare per soluzioni sostenibili che preservino la prosperità e la sicurezza in quel paese​. Questo punto è particolarmente significativo dato che la Libia – ex colonia italiana – è da tempo scenario di attiva presenza turca: ora Italia e Turchia confermano la volontà di lavorare “insieme per la stabilità a lungo termine” di Tripoli e dintorni​.

Sul piano regionale, Meloni ha rimarcato che Italia e Turchia sono alleate nel Mediterraneo e partner strategici su dossier come la lotta al terrorismo e ai trafficanti di esseri umani​. Un risultato tangibile citato da Meloni è la gestione dei flussi migratori: grazie alle misure congiunte adottate con Ankara, le partenze di migranti irregolari dalle coste turche verso l’Europa sono state “sostanzialmente azzerate”​. Erdogan ha garantito che “continueremo a collaborare con l’Italia nella lotta all’immigrazione irregolare”, ottenendo il ringraziamento pubblico della premier italiana. Tale cooperazione rientra in un più ampio impegno condiviso per “contrastare le organizzazioni criminali e il terrorismo” a livello internazionale​.

Un altro tema centrale è stato il rapporto tra Turchia e Unione Europea. Nella dichiarazione finale, Italia e Turchia affermano di voler “sviluppare le relazioni fra Turchia e UE”. Erdogan ha ringraziato Meloni per il suo “approccio coraggioso” e si è detto certo che Roma riconoscerà il contributo della Turchia alla sicurezza euro-mediterranea e “continuerà a sostenere il processo di adesione all’Unione Europea”​. Meloni ha confermato il pieno appoggio italiano alle aspirazioni europee della Turchia, incluso l’aggiornamento dell’Unione Doganale UE-Turchia per eliminare ostacoli agli imprenditori turchi. Pur riconoscendo che il negoziato di adesione è congelato dal 2018, l’Italia si impegna a promuovere ogni passo possibile per riavvicinare Ankara a Bruxelles​. In ambito NATO e difesa europea, Roma sostiene l’idea – molto cara ad Ankara – di un maggiore coinvolgimento dei Paesi alleati non UE (come la stessa Turchia, membro della NATO) negli sforzi di difesa europea​. Ciò significa includere la Turchia nelle iniziative di sicurezza del continente, un principio ribadito con convinzione congiunta durante il vertice​.

A livello simbolico e diplomatico, il clima dell’incontro è stato caloroso. Erdogan ha definito Meloni “mia stimata amica” e ha elogiato più volte l’ospitalità italiana​. In segno di amicizia, il leader turco ha invitato ufficialmente Giorgia Meloni e il Presidente Sergio Mattarella a visitare la Turchia nel prossimo futuro​. La giornata di Erdogan a Roma è proseguita con incontri istituzionali (Quirinale) e una visita in Vaticano per porgere le condoglianze per la scomparsa di Papa Francesco. Meloni ha sottolineato infine la “grande sfida” e opportunità rappresentata dall’organizzazione congiunta degli Europei di Calcio 2032 da parte di Italia e Turchia​, ennesima conferma di una collaborazione a 360 gradi. Non da ultimo, i due governi hanno incluso nella dichiarazione congiunta un preciso riferimento ai valori: hanno dichiarato di essere “impegnati a sostenere i tre pilastri del sistema delle Nazioni Unite, ovvero pace e sicurezza, sviluppo e diritti umani”​. Questo accenno ai diritti umani – seppur generico – è stato evidenziato come segnale diplomatico importante, dato il contesto interno turco.

Interpretazione

Al di là dei comunicati ufficiali, analisti e osservatori hanno letto nel vertice alcuni messaggi impliciti e dinamiche di potere significative. In primo luogo, la calorosa intesa Meloni-Erdogan sancisce la scelta dell’Italia di privilegiare la realpolitik nei rapporti con Ankara. Di fronte a un partner turco strategicamente rilevante, Roma ha messo in secondo piano le critiche sul rispetto dei diritti democratici in Turchia. Come nota Domani, l’“approccio coraggioso e determinato” di Meloni elogiato da Erdogan corrisponde in pratica a un atteggiamento pragmatico che “ha visto passare in secondo piano il rispetto dei diritti umani e politici”​. Durante il vertice, infatti, nessun riferimento diretto è stato fatto dall’Italia ai recenti episodi preoccupanti in Turchia (come l’arresto per corruzione del sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu, uno dei principali oppositori di Erdogan, e la repressione delle proteste di piazza)​. Questa diplomazia del silenzio è stata criticata dalle opposizioni italiane – che accusano Meloni di “stringere la mano all’ennesimo autocrate in nome degli affari”​ – ma indica chiaramente una scelta di campo: valorizzare la cooperazione strategica con la Turchia evitando qualsiasi attrito su questioni interne al regime di Erdogan.

In cambio di questa considerazione, Ankara sembra offrire all’Italia contropartite preziose su vari fronti. Meloni ha potuto rivendicare risultati sul controllo dei flussi migratori e sulla stabilizzazione libica proprio grazie all’intesa con Erdogan, segno di un possibile scambio tacito di favori: Roma sostiene le priorità di Ankara in Europa, e quest’ultima aiuta l’Italia nei suoi dossier caldi (migrazioni, Nord Africa, energia). Diversi indizi confermano questo patto implicito. Erdogan ha pubblicamente enfatizzato la “storica vicinanza” italiana al percorso europeo della Turchia​ e la sua convinzione che tale supporto continuerà. Ciò suggerisce che Ankara vede in Roma un alleato chiave nell’UE, capace di fare da portavoce delle istanze turche a Bruxelles. D’altro canto, Meloni ha incassato da Erdogan riconoscimenti importanti: il presidente turco ha attribuito proprio al “coraggio” di Meloni il merito di aver “rafforzato la coesione” tra i due Paesi​. Questo linguaggio lascia intendere che l’Italia, assumendo posizioni meno ostili rispetto ad altri partner UE, abbia guadagnato la fiducia di Ankara e un accesso privilegiato al suo aiuto nelle questioni regionali.

Dal linguaggio utilizzato e dagli atteggiamenti tenuti nel vertice, traspare però anche una certa asimmetria di peso tra i due partner. Erdogan ha definito Mediterraneo una “casa comune” ma ha lasciato intendere di considerare la Turchia il gestore principale di questa casa, con l’Italia in un ruolo secondario (seppur utile)​. Come riporta un’analisi, “nel discorso finale è emerso che per Erdogan l’Italia è un partner utile, ma non alla pari” nella gestione degli equilibri mediterranei​. Un episodio emblematico citato dai commentatori riguarda la Siria: Erdogan ha parlato della futura ricostruzione siriana dicendo che l’Italia potrà certamente fare la sua parte, ma previa consultazione con Ankara​. In altri termini, la Turchia rivendica la regia sulle crisi del proprio vicinato (Siria in primis) e concede all’Italia un coinvolgimento concordato, non paritetico. Allo stesso modo, Erdogan ha sottolineato che Roma è “ben consapevole del contributo turco alla stabilità del Mediterraneo”, mentre Meloni si è limitata a ringraziare la Turchia per la gestione dei migranti​. Questo scambio in conferenza stampa – Ankara che ricorda il proprio ruolo di sicurezza, Roma che esprime gratitudine – evidenzia chi detta le condizioni: la Turchia appare in posizione di forza, l’Italia si adegua riconoscendone la leadership regionale.

La vicenda libica è illuminante in tal senso. Oggi Meloni ed Erdogan hanno proclamato sintonia sulla Libia, ma in passato non sono mancate frizioni tra Roma e Ankara su questo dossier​. Negli anni scorsi l’Italia ha visto erodere la propria influenza in Libia a vantaggio della Turchia (decisivo l’intervento militare turco nel 2020 a sostegno di Tripoli). Ora, leggendo tra le righe, l’intesa sulla stabilizzazione libica suggerisce che Roma abbia accettato la prevalenza turca sul campo, scegliendo di cooperare con Ankara anziché contrastarla. Come osservano gli analisti di Limes, l’Italia di fatto “ha ceduto terreno” in Libia alla Turchia e sta cercando di ritagliarsi un ruolo residuo facendo leva sul rapporto privilegiato con Erdogan. In questo senso, l’accordo tra SACE e i colossi turchi Limak e Yapi Merkezi per progetti infrastrutturali in Turchia e in Africa risulta indicativo. Significa che Roma e Ankara potrebbero aver trovato un modus vivendi: collaborare economicamente anche in teatri terzi (Africa subsahariana, Nord Africa) dove un tempo avrebbero potuto farsi concorrenza. Questa cooperazione inedita, unita all’allineamento sulle questioni di sicurezza, delinea un possibile accordo tacito di spartizione delle influenze: l’Italia supporta le ambizioni turche a est, la Turchia tutela alcuni interessi italiani a sud.

Un altro elemento “tra le righe” è il ruolo di ponte diplomatico che l’Italia sembra assumere tra Turchia e Occidente. Fonti vicine alla NATO notano che Washington guarda con favore alla partnership italo-turca: da tempo gli Stati Uniti incoraggiano un asse Roma-Ankara per la gestione del Mediterraneo allargato​. Grazie a un passato di interazioni e ad affinità culturali che Ankara non condivide con altri paesi europei, Italia e Turchia sarebbero in grado di dialogare più facilmente. Meloni ha impostato con Erdogan una relazione di fiducia personale, invertendo completamente il registro rispetto a pochi anni fa (quando da leader d’opposizione aderiva alla definizione di Erdogan come “dittatore” data da Draghi​). Questa inversione di tono è frutto di calcolo geopolitico: l’Italia, potenza media con interesse nel Mediterraneo, “grazie a una politica estera soft e bilanciata riesce a partecipare a equilibri più grandi di lei”​, spiega Riccardo Gasco dell’istituto IstanPol. In pratica Roma si propone come mediatore credibile fra Ankara e le capitali occidentali (UE e USA), incassando dividendi politici in cambio. Ciò spiega ad esempio perché Meloni sia una delle poche leader UE ad avere un rapporto così stretto con Erdogan oggi: l’Italia punta a fungere da “porta d’ingresso” della Turchia in Europa, guadagnando peso specifico nello scacchiere internazionale.

Il vertice Meloni-Erdogan ha confermato un rapporto asimmetrico ma mutuamente vantaggioso. La Turchia consolida la propria sfera d’influenza nel Mediterraneo e ottiene sponde importanti in Europa; l’Italia si garantisce il supporto di Ankara sui dossier per lei cruciali, accettando il ruolo di partner minore in cambio di stabilità e opportunità economiche. Questo equilibrio pragmatico – per ora privo di frizioni pubbliche – è destinato a rafforzarsi di fronte alle crisi internazionali, con Ankara a dettare il passo e Roma ad adattarsi, come dimostra l’assenza di qualsiasi critica italiana sul tema dei diritti civili in Turchia​.

Speculazioni geopolitiche

Oltre alle analisi degli eventi già emersi, alcuni osservatori avanzano ipotesi più speculative su possibili sviluppi della cooperazione italo-turca, distinguendo i fatti dalle congetture. Di seguito riportiamo alcune teorie non confermate ma ritenute credibili in ambienti diplomatici e da riviste specializzate:

  • Divisione delle aree di influenza nel Mediterraneo – Si ipotizza un “gentlemen’s agreement” non dichiarato tra Roma e Ankara per evitare scontri e dividersi le sfere d’azione. In Nord Africa l’Italia concentrerebbe i propri sforzi soprattutto in Libia occidentale e in Tunisia, mentre la Turchia manterrebbe la sua forte presenza in Libia (zona di Tripoli-Misurata) e un ruolo crescente in altre parti del mondo arabo sunnita. Questo significherebbe, ad esempio, che l’Italia accetta de facto l’egemonia politico-militare turca sul governo di Tripoli, ottenendo però garanzie sulla tutela degli interessi italiani (come le concessioni energetiche ENI e il contenimento dei flussi migratori dalla Libia). Parallelamente, Ankara potrebbe limitare la propria influenza nel quadrante più occidentale del Nord Africa, lasciando a Roma maggiore agibilità diplomatica in paesi come la Tunisia, dove il soft power turco (dalla cooperazione economica alle popolari serie TV) si stava comunque espandendo. In sostanza, Italia e Turchia potrebbero aver tracciato una linea di non intralcio reciproco nel Mediterraneo: ciascuna riconosce all’altra un ruolo di primo piano nelle rispettive zone di maggiore interesse.

  • Intesa su gas e rotte energetiche – Un’altra speculazione riguarda il capitolo energetico. L’Italia, a caccia di fonti alternative a quelle russe, avrebbe tutto l’interesse a coinvolgere la Turchia come hub del gas verso l’Europa. Si ipotizza dunque che Meloni possa appoggiare piani di corridoi energetici con la Turchia, ad esempio promuovendo il potenziamento del gasdotto TAP (che dalla Turchia via Azerbaigian arriva in Puglia) e valutando nuove infrastrutture condivise​. Questa prospettiva comporterebbe anche un riposizionamento italiano nell’EastMed, il gasdotto che collega Israele, Cipro e Grecia per portare gas naturale in Europa, escludendo la Turchia: Roma potrebbe allinearsi maggiormente con Ankara sulle dispute del Mediterraneo orientale, riducendo il sostegno a progetti poco graditi alla Turchia (come il gasdotto EastMed Israele-Cipro-Grecia, considerato antieconomico e geopoliticamente sensibile). Alcuni analisti vedono i segnali di ciò nell’insistenza con cui al vertice si è parlato di “autonomia energetica euro-mediterranea” e rinnovabili, coinvolgendo attivamente la Turchia​. In chiave speculativa, l’Italia potrebbe promuovere un’inclusione della Turchia nel forum energetico del Mediterraneo, trasformando potenziali conflitti (ad esempio le trivellazioni attorno a Cipro) in cooperazione regionale dove anche ENI (colosso italiano) lavori con compagnie turche. Questa sarebbe una svolta strategica: Ankara verrebbe integrata nel disegno energetico euro-mediterraneo come partner, in cambio di stabilità nell’area e condizioni favorevoli per l’Italia nell’approvvigionamento di gas.

  • Coordinamento nei Balcani – Sul fronte dei Balcani occidentali, culla di interessi storici sia italiani che turchi, si delinea l’ipotesi di una collaborazione informale per evitare rivalità e contenere l’influenza di attori extra-regionali (Russia, Cina). La Turchia da anni espande la propria presenza culturale ed economica nei Balcani (specialmente in Albania, Kosovo, Bosnia), mentre l’Italia è tradizionalmente impegnata nel sostegno all’integrazione euro-atlantica dell’area. Una teoria avanzata in ambienti geopolitici è che Roma e Ankara possano “spartirsi” i Balcani in chiave complementare: la Turchia rafforza i legami con le comunità musulmane e investe in infrastrutture, l’Italia usa il proprio peso nell’UE per accelerare i negoziati di adesione e offrire copertura politica​. In questo modo entrambi trarrebbero vantaggio da una regione stabile e orientata all’Occidente, facendo argine alle mire di Mosca (specie in Bosnia-Serbia) e alle penetrazioni economiche cinesi. Non è un accordo formalizzato, ma dopo il vertice alcuni hanno notato come Meloni ed Erdogan abbiano menzionato la “cooperazione nei Balcani” in termini positivi e come l’Italia sembri non vedere di malocchio l’attivismo turco nella regione, interpretandolo anzi come baluardo contro influenze ostili. Se questa convergenza prendesse forma, potremmo assistere a un duetto italo-turco nei Balcani: esercitazioni militari congiunte, iniziative diplomatiche coordinate (ad esempio su Kosovo e Bosnia) e un sostegno reciproco nelle missioni internazionali sul terreno.

  • Asse alternativo nel Mediterraneo contro le rivalità intra-UE – In chiave più speculativa, taluni ipotizzano che il riavvicinamento Italia-Turchia possa costituire un “fronte mediterraneo” alternativo alle tradizionali alleanze europee. L’intesa Meloni-Erdogan, infatti, stride con la linea più rigida tenuta verso Ankara da paesi come Francia e Grecia. Si teorizza che Roma e Ankara possano sfruttare la loro partnership per contenere l’influenza francese nel Mediterraneo (storicamente forte in Nord Africa e nel Levante) e per ridurre le tensioni greco-turche in modo bilaterale, fuori dai riflettori UE. Ad esempio, un tacito accordo potrebbe prevedere che l’Italia non appoggi attivamente eventuali sanzioni europee contro la Turchia (per questioni nel Mediterraneo orientale), e in cambio la Turchia manterrebbe un atteggiamento collaborativo in Libia e sul dossier migranti, evitando mosse destabilizzanti per gli interessi italiani. Questo scenario disegna un Mediterraneo orientale in cui la Francia verrebbe isolata nelle sue posizioni anti-Turchia, mentre l’Italia fungerebbe da arbitro moderato tra Atene e Ankara. Va sottolineato che si tratta di congetture: ufficialmente l’Italia resta fedele agli obblighi NATO e alla solidarietà UE con Grecia e Cipro. Tuttavia, l’accento posto da Meloni sulla “casa comune mediterranea” e la mancanza di qualsiasi riferimento pubblico alle controversie marittime greco-turche durante il summit hanno alimentato queste supposizioni in alcuni circoli diplomatici​. Se l’asse italo-turco divenisse abbastanza solido, potrebbe emergere una diplomazia parallela nel Mediterraneo, con Roma e Ankara coordinate nel gestire crisi (dalla Siria al Libano) senza attendere il consenso di tutti i partner europei, e con consultazioni preventive italo-turche come nuovo rituale.


Per concludere, mentre le speculazioni geopolitiche sopra descritte restano ipotesi da verificare nel tempo, il vertice del 29 aprile 2025 fornisce segnali che le rendono plausibili. L’Italia sembra aver scelto di affiancare la Turchia come socio preferenziale nel Mediterraneo, accettando implicitamente un riequilibrio delle influenze regionali. Se questa tendenza proseguirà, potremmo assistere alla nascita di un nuovo asse Roma-Ankara capace di condizionare gli equilibri dall’Europa sud-orientale al Nord Africa. Molto dipenderà dalla tenuta di questa intesa (anche alla prova di eventuali crisi, ad esempio un aggravarsi dello scontro in Siria o nuove emergenze migratorie) e dalla reazione degli altri attori europei. Per ora, la foto di Meloni ed Erdogan sorridenti a Villa Pamphilj suggella un avvicinamento che, ufficiale o ufficioso che sia, ridisegna la mappa delle alleanze italiane e turche in Eurasia.

 

 

Hashtag: #geopolitica #Italia #Turchia #Mediterraneo #cooperazione

Carlo RECALCATI

Foto di Carlo RecalcatiClasse 1968, studia Fisica a Milano e Antropologia culturale a Bordeaux (Francia).
Oltre alla sua attività professionale, ha instaurato collaborazioni con associazioni, case editrici e riviste, contribuendo con la sua esperienza e il suo know-how in diversi ambiti.
Da sempre appassionato di viaggi, tecnologia, storia e filosofia ha fondato e diretto diverse associazioni di settore e scritto numerosi articoli spaziando dalla ricerca archeologica all'intelligenza artificiale.
Nel 1985 è stato il più giovane membro del Mensa Italia con un QI di 154 sulla Scala di Cattel, pari a 134 Wechsler (WAIS-IV).

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